sabato 14 dicembre 2013

Fronteras Musicales Abiertas: un 'Coro immaginario' per l'Isola che c'è e (a volte) si vede

La neonata Orquestra de las Misiones Guaraníes suonerà a Vibonati dalla terrazza di Casale Il Sughero un 'Concerto per la Sicilia': quali sono in confini della Città del Parco?

Un’orchestra che potrebbe appartenenza al G88, cioè voce dei paesi ultimi, viaggia con musiche in transito nei territori di nuova urbanità e fa tappa nel Cilento per riconoscere i luoghi di partenze drammatiche per luoghi a potenziale gemello. (P. Persico) 



Roma, Napoli, Torre Orsaia, Vibonati, una progressiva discesa geografica ma inversamente proporzionale ad una risalita verso le proprie condizioni spirituali di appartenza: i sud del mondo si assomigliano, terre contese e allo stesso tempo abbandonate, ma anche luoghi di possibili ripartenze e di nuovi paesaggi emozionali e culturali inediti. E’ una scommessa di resilienza.

Mercoledì 18 Dicembre alle ore 10  l'Ateneo Nomade Triangolare di Casale Il Sughero (Vibonati) ospiterà uno dei laboratori formativi previsti in Cilento da Pasquale Persico a cura della neonata Orquestra de las Misiones Guaraníes nell'ambito del Progetto di Cooperazione Internazionale Culturale e Musicale a cura di FMA (Fronteras Musicales Abiertas)  - Italia 11-24 Dicembre 2013, patrocinato dall' IILA (Istituto Italo-latino americano) e CeSPI (Centro Studi di Politica Internazionale).


Ventisette giovani musicisti guaranì, diretti dal Maestro Francesco Grigolo, dopo essersi esibiti nelle città di Roma e Napoli in importanti occasioni ufficiali si sposteranno nell’Altra Città (del Parco) e suoneranno all’orizzonte del Tirreno Meridionale in vista dal Sughero un 'Concerto per la Sicilia’: armonia di voci e suoni come metafora della polifonia dei laboratori della Città del Quarto Paesaggio, schegge della "Certosa esplosa"; inno al mare e alla terra magnogreca come culla della nostra civiltà; appello alla Trinacria granaio del Mediterraneo, portatore e foriero di continua feritilità, ode a Stromboli, Faro del Mediterraneo, isola che c'è ma non si vede (sempre), nominazione poietica delle Eolie come possibile e non unico orizzonte-confine-frontiera concettuale e geografica del Quarto Paesaggio.


Il concerto per le isole della Sicilia e per tutti i territori che stanno subendo la separazione dalla possibile soggettività politica, economica e sociale rientra fra le attività culturali e formative dell’Ateneo Nomade e Triangolare con sede di riferimento a Vibonati, Casale il Sughero, ma da vedere come possibile progetto di una  costellazione di stelle a densità variabile in viaggio verso la Città del Quarto Paesaggio.
Lezioni di viaggio e seminari stanziali si alternano per costruire nuovi linguaggi e nuovi lemmari di decodifica della metamorfosi territoriale e geografica in atto.

mercoledì 30 ottobre 2013

Agricoltura organica: all'ultimo grido?

Sarebbe meglio resettare il nostro vocabolario e parlare di 'agricolture naturali'

Da più parti negli ultimi tempi cresce anche in Europa l'interesse verso una relativamente nuova tendenza agricola pseudo-filosofica alternativa: dopo l'agricoltura biologica, sinergica, biodinamica, la permacultura, si sente sempre più frequentemente parlare di 'agricoltura organica'. Ma si tratta davvero di una nuova frontiera?
A primo acchito l'espressione 'agricoltura organica' risulta essere semplicemente un calco dallo spagnolo (agricultura orgànica) che indica con questo nome nient'altro che l'agricoltura biologica. Tale calco con lo stesso significato si palesa anche rispetto alla lingua inglese (organic agriculture).

In realtà l'agricoltura organica nasce ben prima di quella biologica comunemente intesa. Infatti, ben oltre Restrepo (El ABC de la agricultura orgànica tanti altri suoi testi) e i nuovi altri sedicenti 'guru' di tale disciplina e ONG che distraggono fondi da cose ben più serie e importanti e che se ne arrogano la paternità con toni nazionalpopolari da libertores (senza peraltro aver ottenuto grossi risultati specie in America latina), l'agricoltura organica è stata introdotta all'inizio dello scorso secolo dal tutt'altro che populista Sir Albert Howard (1873-1947), botanico inglese vissuto in India molti anni (An agricultural testament, Oxford University Press 1940) e che, accortosi delle distorsioni aberranti dell'agricoltura convenzionale e sempre più industriale, capì che il recupero dei sistemi tradizionali poteva essere un rimedio ed elaborò la sua teoria in 3 punti: la salute del terreno, il rispetto generalizzato per la natura e il metodo 'indore'.
Successivamente, a metà del Novecento, Lady Eve Balfour (1899-1990) con le sue pubblicazioni rese nota ai più l'agricoltura organica, in particolare col suo The living soil (Faber&Faber 1943) e attraverso la Soil Association di cui fu fondatrice. Già in quegli anni uno dei principi fondamentali dell'agricoltura organica era la concezione olistica del vivente come unico ambiente produttivo e generativo all'interno del quale prendono forma le pratiche di coltivazione e di cura della terra e della persona.

Lady Eve Balfour
Il nuovo interesse verso questa formula linguistica (agricoltura organica) non è altro, dunque, che un ennesimo tentativo di smarcarsi dalle agricolture convenzionali ed alle alternative che ad esse si sono andate affermando negli anni (biologica, biodinamica, sinergica, ecc.) perché avvertite come troppo linguisticamente 'inflazionate' e anche fagocitate dalle mode del momento e dai sistemi industriali di produzione massiva, proponendo riflessioni su equilibrio minerale del suolo e delle piante, fertilizzazioni naturali e quant'altro: tutti temi interessanti e utili ma che sono già stati affrontati e studiati in agronomia e comunque già appartenenti al nostro sapere moderno e pre-moderno e che ora sono riproposti come fossero inedite ricette di salvezza.
Tale smarcamento concettuale e linguistico verso una nuova espressione ancora relativamente vergine (agricoltura organica) è tanto giusta quanto ingenua poiché si commette per l'ennesima volta l'errore di sempre, quello cioè di voler inventare qualcosa di diverso: nel desiderio di contrastare l'agricoltura convenzionale si fa un ulteriore salto in avanti anziché guardare nel ricco passato della nostra cultura. Ma non c'è bisogno davvero di inventare più nulla. Basta studiare e conoscere umilmente il proprio passato.
Non a caso infatti anche Howard e Balfour parlano a volte di agricoltura naturale e tuttavia finanche loro pare non ne sappiano rintracciare appieno i solidi fondamenti sapienziali di cui la nostra cultura ci fornisce invece ampie testimonianze.
Tutta la filosofia rinascimentale italiana, infatti, è imbevuta, anzi trabocca di tali saperi, basta non ignorarli. Se volete potrete leggerne qui una breve ma significativa testimonianza: E se qualcuno ci parlasse di agricoltura organica e di ibrido fertile in italiano del sedicesimo secolo?.

Il naturalismo rinascimentale codifica compiutamente gli orizzonti filosofici, esistenziali, botanici e agronomici di un approccio agri-culturale naturale che esprime e racchiude tutte le pallide reminiscenze e 'riscoperte' un po' superficiali e ignoranti degli ultimi decenni.
Dunque, per concludere, se parlare di agricoltura organica oggi ci offre un'altra occasione per migliorare le nostre pratiche e realizzare un futuro migliore, ben venga. Attenzione però che le 'scoperte caciarone' che man mano in questi tempi recenti stanno venendo fuori, nel migliore dei casi sono troppo ingenue riflessioni dimentiche del passato, nel peggiore dei casi invece diventano addirittura vere e proprie mode, per chi le propone e per chi le ostenta, facendo del business vendendo saperi tramite associazioni di divulgazione create ad hoc e rendendo inoltre difficile di fatto l'open source in rete e si vendono invece saperi tramite associazioni itineranti che lucrano sul pathos della pseudo-novità.
Tra l'altro giunge ci notizia di condizioni in agricoltura rimaste assai difficili, uno su tutti, ad esempio proprio in Nicaragua, dove pure l'agricoltura organica si pregia di essere intervenuta, tant'è che si sta studiando una possibilità di collaborazione col Cilento.
Sarebbe invece molto più saggio (ma più sobrio e quindi meno attraente dai neofiti) riscoprire la figura del contadino-sapiente e rivalutare invece le nostre vere radici filosofiche e culturali che custodiscono saperi arcaici e, mai come oggi, assolutamente contemporanei, senza essere sempre esterofili e credendo che chi viene da lontano ci può sempre liberare e rivelarci la verità. Basta solo un po' di umiltà, resettare il nostro vocabolario e 'accontentarsi' delle semplici ma profonde agricolture naturali.

giovedì 24 ottobre 2013

Metro-via dei monti: dal Casale lungo le vecchie vie del Cilento lucano nasce la "Strada dei monti"


A partire dal Casale abbiamo aperto un'altra metrovia, anch'essa multivia aperta sia al passaggio a piedi, che con gli asini. Si chiama 'Strada dei monti' e a partire dal Casale è una marcia di avvicinamento all'appennino meridionale più prossimo, ovvero al Cocuzzo, al Serralonga, al Coccovello, al Serritello e anche al non lontano Vallo di Diano.  La metrovia e asino-metrovia 'Strada dei monti' collega quindi il Casale con i paesi di Tortorella, Casaletto Spartano e Battaglia. 


IL PERCORSO
Partiti dal Casale (380 m s.l.m.) si raggiunge la cima del monte Valletto (500mt circa) e si entra così nel bosco del Farneto. Attraversata la Fontana della Noce e la Fontana della Spina, si può visitare il piccolo ma suggestivo inghiottitoio presente nel bosco, attraversando il Campo ai Morti, una radura nel bosco che si dice sia stata palcoscenico di una vecchia battaglia la cui memoria è affidata ai racconti di alcuni anziani pastori e contadini del posto.

Dopo poco, con una piccola deviazione dal percorso principale, si può ammirare uno splendido panorama sul canyon del Rio Gerdanaso seguendo un piccolo anello che si sviluppa dentro il bosco del Farneto. Tornati sulla strada maestra, ovvero la antica via di collegamento tra gli abitati di Morigerati e Tortorella, si comincia a scendere in direzione Tortorella fin giù al Rio Gerdanaso, attraversandolo e superata un'area di sosta si comincia il Sentiero dei Rupazzi (non senza aver fatto una deviazione lungo il canyon per visitare la vecchia ferriera di Tortorella) recentemente restaurato dal Comune, fino ad arrivare in paese attraversando querce secolari bellissime. 

Da Tortorella il sentiero continua sulla vecchia via di collegamento con Casaletto Spartano. Prima di entrare nell'abitato di Casaletto si attraversa un antico ponte e l'area di sosta del Rio Casaletto. Dal centro storico di Casaletto, procedendo in direzione di Battaglia, si incontra e si attraversa l'Area SIC Sorgente del Capello, da cui partono altri sentieri e che ospita una delle acque più pure del Cilento. Poco dopo, superata la sorgente, si entra nella frazione di Battaglia dove ad accoglierci c'è finalmente il maestoso palazzo baronale della famiglia Gallotti, tutto da visitare prima di fermarsi a cena con Roberto e Miriam e alloggiare per la notte.

lunedì 21 ottobre 2013

Una nuova via nella Città del Parco: il "Sentiero delle Sughere", luogo-laboratorio di saperi nomadi

Ieri 20 Ottobre come previsto è stato inaugurato il Sentiero delle Sughere che infittisce la rete della Città del Parco avvicinando comuni e comunità, territori e uomini che li abitano. 
Infatti attraversando boschetti e alberi centenari di sughere (endemismo del territorio sotto tutela perché in via di estinzione) il percorso che dura a piedi 5 ore ha messo in comunicazione alcuni paesi dell'entroterra del Golfo di Policastro come Vibonati, Ispani, San Cristoforo e Santa Marina. Passando per contrade, sorgenti (quella che serviva il vecchio paese di Vibonati) e cappelle (come quella di Santa Lucia, di San Cataldo e di San Rocco) abbiamo anche ammirato ulivi centenari di razza 'pisciottana' dalla chioma larga e altissima. 
La valenza paesaggistica del Sentiero delle Sughere è emersa tutte le volte che durante il percorso si sono aperti all'improvviso bellissime vedute marine sulla costa tirrenica meridionale e tra le fronde degli alberi si scorgevano l'isolotto di Santo Janni, l'Isola di Dino e l'isolotto di Cirella, con all'orizzonte in fondo il Pollino.
Insieme agli escursionisti del gruppo CAI di Potenza, più di 30 ieri mattina, abbiamo apprezzato con ilarità e soddisfazione non solo il percorso a piedi (in parte attraversando il lastricato originale delle vecchie vie di passaggio da un paese all'altro) ma anche le espressioni gastronomiche locali che mostrano l'identità di questi territori poiché offrono al viaggiatore i prodotti delle sue terre: dalla nostra colazione biologica al Casale al pranzo a chilometro zero offerto dalla locanda La Baita dell'appassionato escursionista e co-artefice del sentiero Pietro Cifrodelli all'arrivo a Santa Marina, dai corbezzoli e le bacche di mirto raccolti durante il percorso alle tante erbe officinali e spontanee alimentari disseminate lungo i sentieri.

mercoledì 16 ottobre 2013

Inaugurazione del percorso escursionistico "Sentiero delle Sughere"

L'EVENTO


Domenica 20 Ottobre 2013 sarà inaugurato in collaborazione col CAI di Potenza il percorso escursionistico denominato ‘Sentiero delle Sughere’ con partenza alle ore 8.30 presso il bio-agri-b&b ‘Casale Il Sughero’ alla Contrada Grasso di Vibonati, con sosta a San Cristoforo intorno alle 11.30 e arrivo a Santa Marina presso il ristorante ‘La Baita’ in Via Santa Croce verso le ore 13.30. L’iniziativa eco-turistica il ‘Sentiero delle Sughere’ è ideata e promossa dalla neonata Associazione Culturale vibonatese 'Ciucciopolitana' (che si occupa di onotrekking e attività ludico-rurali sul territorio) e dall'escursionista  Pietro Cifrodelli.

Chi è interessato al pernottamento di sabato (per partire la mattina riposati) o al pranzo finale all'arrivo (per entrambi è richiesto un contributo) può contattarci: info@casaleilsughero.com.


IL CONCEPT

Il ‘Sentiero delle Sughere’ è un percorso di trekking e ono-trekking ad alto valore storico-architettonico, naturalistico e paesaggistico che attraversa l’entroterra collinare di tre comuni del Golfo di Policastro, Vibonati, Ispani e Santa Marina e attraversa i centri storici di Ispani, San Cristoforo e Santa Marina. Parte dell’intero percorso ripropone le antiche vie di transito e di collegamento tra gli abitati comunali e molte loro contrade attraversando le preziose sugherete ancora presenti sul territorio.

domenica 1 settembre 2013

Ciucciopolitana del Cilento lucano, basso Cilento 'ulteriore' e 'interiore'


Due anni fa fu aperta la prima tratta del progetto originario della Ciucciopolitana. In occasione del trasferimento del ciuccio Austino da Laurino a Vibonati (a Casale Il Sughero) fu percorsa quella che sarebbe dovuta diventare la tratta-madre, passando per Rofrano, Caselle in Pittari e Morigerati, fino a Vibonati.
In realtà il progetto fu temporaneamente abbandonato da alcuni dei promotori e gli unici a continuare a praticare questa iniziativa sono stati gli abitanti di Casale Il Sughero a Vibonati, Amedeo e Claudia, che a partire dal Casale come unica stazione di sosta hanno praticato e tenuta aperte per due anni due vie, la via per Morigerati e l'Oasi del WWF 'Grotte del Bussento' e la via per Vibonati.
Oggi, dopo molto lavoro sul territorio e tenacia nel perseguire il progetto di mobilità dolce nel Cilento, in piena continuità col progetto originario ampliamo la realtà connettiva sul territorio insieme ad amici dando vita alle Ciucciovie pertinenti al Golfo di Policastro e al suo entroterra e ai rispettivi paesi, denominata Ciucciopolitana del Cilento Ulteriore e Interiore, in linea con gli obiettivi della omonima Associazione Culturale (La casa di Pitagora) che ha preso vita nei mesi scorsi.

lunedì 17 giugno 2013

Ospitalità rurale a Vibonati nel Cilento 'interiore' e 'ulteriore'

La piccola fattoria in auto-sostentamento Casale Il Sughero nasce come riposizionamento esistenziale ed economico di un nucleo familiare dalla città alla campagna attraverso la coltivazione della terra, la cura degli animali e la gestione del bosco. La nostra dimora, un antico rudere recuperato con attenzione e passione nel segno del recupero architettonico e paesaggistico locale, oltre a ospitare colture autoctone e orti tradizionali e sinergici, è oggetto e parte essenziale di una più vasta progettazione in permacultura del sito.
Inoltre e soprattutto Casale Il Sughero è casa rurale ospitale e luogo di accoglienza per viaggiatori responsabili e turisti intelligenti e attenti alle identità dei luoghi. La nostra idea di ospitalità rurale si ispira ai criteri di auto-sostentamento critico e di reciprocità partecipativa alla gestione sostenibile del territorio e dei suoi abitanti (approfondisci). 
Chi viene a trovarci e a stare con noi trascorrendo parte del proprio viaggio ha la possibilità di condividere il nostro stile di vita e di conoscere davvero a fondo il paesaggio sociale e antropologico, oltre che naturale e architettonico, del basso Cilento lucano, quella parte di Cilento più meridionale spesso sconosciuto che confina con la Lucania, ricco di animali, di acqua, di mare e di boschi che chiamiamo 'Cilento interiore' e 'ulteriore', perché altro e inedito rispetto ai posti più conosciuti e gettonati e per questo di sicuro anche più vero...
Attraverso la nostra cultura gastronomica, l'atmosfera raccolta di una casa di campagna realmente abitata e non come tanti finti agriturismi, il lavoro della terra e la nostra 'guida escursionistica', Austino, ovvero il nostro asino esploratore dei luoghi e accompagnatore nelle passeggiate lungo i sentieri della Ciucciopolitana del Cilento Ulteriore (rete di sentieri in compagnia di asini che collega i paesi del Golfo di Policastro a partire dal Casale), potrete vivere per un po' i nostri tempi e le nostre emozioni.
Per avere maggiori dettagli sulle sistemazioni per gli ospiti potrete consultare anche il nostro sito internet: www.casaleilsughero.com
Veniteci a trovare!

venerdì 31 maggio 2013

Pianificazione debole per il Cilento, il nostro contributo al 1° 'Ci resto' - Meeting del Mare

Il nostro progetto        Casale Il Sughero è un laboratorio della Città del quarto paesaggio. Nasce come riposizionamento esistenziale ed economico di un nucleo familiare dalla città alla campagna attraverso la riconversione di un terreno agricolo impoverito e dismesso da quarant’anni ora riqualificato in nuovo giardino alimentare sia di spontaneo alimentare che di agricoltura naturale in auto-sostentamento nonché attraverso la riqualificazione bio-architettonica di un vecchio rudere reso oggi nuova dimora familiare e luogo di ospitalità rurale, poroso come il sughero, endemismo del territorio (quercus suber), atto ad accogliere un profilo di viaggiatore lento e consapevole che valorizzi il territorio anziché consumarlo secondo una declinazione turistica che si critica decisamente.
Attraverso il progetto Ateneo Nomade Triangolare inizia a svolgere, attraverso seminari, incontri e attività di ricerca e laboratoriali, un lavoro di valorizzazione della cultura rurale e della memoria locale stimolando l’incontro di nuovi saperi. 
Casale Il Sughero è inoltre co-fondatore e nodo-stazione operante del progetto di mobilità dolce in Cilento definito Ciucciopolitana, viaggio lento a piedi a fianco dell’asino all’interno del Cilento Interiore (nella doppia accezione di Cilento interno e dell’anima), attraverso borghi, vecchie strade di collegamento, fontane, siti archeologia rurale e siti di grande interesse naturalistico e artistico. L’asino, emblema della secolare subalternità rurale rispetto all’ urbano, è invece reinterpretato come simbolo del riscatto sociale e culturale e inteso non solo come vettore fisico di biodiversità ma anche come vettore concettuale di ibridazione culturale e, per questo, testimone e ‘professore’ del quarto paesaggio.


Concerto per una sola persona          La metafora del sughero dice di un luogo per l’incontro, degli incontri, da cui si può partire per ridare identità e vita ai luoghi-spazi comuni rurali dimenticati (perché diventati incomuni) ovvero vie, terre, boschi, fontane, e offrire loro possibilità di resilienza attraverso continue risemantizzazioni, opportunità di senso.
Questo doppio livello di incontro, del nomade viaggiatore anonimo con il temporaneo/stanziale contadino contemporaneo che abita il sughero e di entrambi ogni volta in maniera nuova col territorio, ripercorre la partitura sempre uguale e diversa di un sinfonia di scambi e scoperte, invenzioni e riscoperte dell’abitare: è l’inatteso ed eterno concerto in cui le identità si destrutturano e si danno in forme nuove.
L’essenziale è realizzare questo concerto, questa accoglienza, anche per una sola persona per volta, lentamente, immaginando una ospitalità sfumata, attenta e discreta, a cui suggerire la valenza simbolica dei luoghi, del luogo di partenza o di arrivo (e di ripartenza). L’ospitalità diventa narrazione dei luoghi che si fanno porosi e si fanno attraversare in molte direzioni di senso.
Donarsi ogni volta d’accapo al singolo, anche solo all’unico viaggiatore, volta per volta. Casale Il Sughero, come soglia concettuale tra la costa e i monti, tra il mare e le acque interne, tra i luoghi del consumo e quelli dimenticati, tra il territorio compromesso e quello del Parco, come luogo di nuova urbanità possibile: hic domus, rus et urbs. 

mercoledì 15 maggio 2013

Città e Altra Città alla II Biennale dello Spazio Pubblico



La BISP è una biennale organizzata dall'Istituto nazionale degli urbanisti (INU) che si tiene presso l'Università Roma Tre alla Facoltà di Architettura e in cui Acces_SOS e LAMAV (Laboratorio Management di Area Vasta) partecipano assieme con dei racconti ed esperienze in-disciplinate di professionisti impegnati nella pianificazione debole ovvero in azioni che accolgono modelli sperimentali di approccio, di ascolto delle realtà locali e di trasformazione dello spazio pubblico.
I contributi sono più di trenta e sono provenienti da professionisti/ricercatori/laureandi o altro sparsi per l'italia. Il laboratorio di Casale Il Sughero il 18 Maggio ne rappresenta uno. Di seguito la descrizione sintetica del nostro intervento e il nostro contributo al tema del ripensamento critico dello spazio pubblico declinato nei termini di una nuova urbanità rurale.



LEMMA DI RIFERIMENTO: Concerto per una sola persona

Questo lemma di riferimento ne intreccia altri due, la ‘resilienza degli spazi comuni’ e gli ‘incontri’: la metafora del sughero dice di un luogo per l’incontro, degli incontri, da cui si può partire per ridare identità e vita ai luoghi-spazi comuni rurali dimenticati (perché diventati incomuni) ovvero vie, terre, boschi, fontane, e offrire loro possibilità di resilienza attraverso continue risemantizzazioni, opportunità di senso.
Questo doppio livello di incontro, del nomade viaggiatore con il temporaneo/stanziale contadino contemporaneo e di entrambi ogni volta in maniera nuova col territorio, ripercorre la partitura sempre uguale e diversa di un sinfonia di scambi e scoperte, invenzioni e riscoperte dell’abitare: è l’inatteso ed eterno concerto in cui le identità si destrutturano e si danno in forme nuove.
L’essenziale è realizzare questo concerto anche per una sola persona per volta, lentamente, immaginando una ospitalità sfumata, attenta e discreta, a cui suggerire la valenza simbolica dei luoghi, del luogo di partenza o di arrivo (e di ripartenza). Donarsi ogni volta d’accapo al singolo, anche solo all’unico viaggiatore. Casale Il Sughero, come soglia concettuale tra la costa e i monti, tra il mare e le acque interne, tra i luoghi del consumo e quelli dimenticati, come luogo di nuova urbanità possibile: hic domus, rus et urbs. 

lunedì 13 maggio 2013

Urbanistica e resilienza: idee dal Cilento

Nei giorni 9 e 10 maggio 2013 si è tenuta a Napoli la XVI Conferenza Nazionale SIU, la Società Italiana degli Urbanisti, presso la Facoltà di Architettura Federico II. Il tema è stato quello di una diversa crescita come declinazione delle tematiche classiche del dibattito urbanistico contemporaneo italiano ed europeo. 
Nell'Atelier 10, curato dall'Arch. Maria Federica Palestino, in cui ci si è occupati specificamente di resilienza e di città ecologica, Casale Il Sughero nella sezione 'Culture della città e del territorio' ha presentato un intervento dal titolo "Laboratori di resilienza verso la Città del Quarto Paesaggio" (vai al link per il testo integrale dell'intervento). 
Napoli, 9-10 Maggio 2013
Il tema del paper è stato quello dell'idea di una evoluzione del concetto di 'decrescita' e, a partire da lì, si è tratteggiata la possibilità di una ridefinizione del tema della città ecologica attraverso un ripensamento dell'idea stessa di città ormai da intendersi nella sua accezione più rarefatta e de-materializzata possibile (cioè come città degli uomini) alla luce di una visione ecologica ampia, una ecologia profonda, che suggerisce una nuova ecologia della città delle relazioni e degli immaginari condivisi(-bili).
Il case study è quello del Cilento, nel cui ambito territoriale trovano spazio di analisi e di esperienza concreta i progetti di Città del Parco e attualmente i Laboratori della Città del Quarto Paesaggio, orizzonti di metodo e di ricerca applicata in cui si fa esperienza della impossibilità dei primi tre paesaggi e della conseguente necessità di un ripensamento in una direzione nuova che apra nuovi scenari di sviluppo sostenibile. Di seguito riportiamo l'abstract del paper (qui invece il testo integrale).

Città ecologica eccede la declinazione scientifico-biologica del termine e apre a una dimensione sociale e culturale, ad una ecologia profonda dei comportamenti e delle relazioni. Ecco che la città si de-materializza e appare un intreccio di strade di senso e di rapporti, perde il suo carattere di densità (in senso urbanistico) e può diventare metafora di rete diffusa in una possibile – auspicabile – città esplosa su un territorio di area vasta come un parco naturale, un distretto geografico ampio, tendendo a far emergere un paesaggio geografico e culturale diverso da quelli che hanno caratterizzato i territori fino ad oggi. Il ‘quarto paesaggio’ qui si pone come riscrittura, ricucitura organica delle trame di relazioni di senso del vissuto e dell’abitato riscrivendo il concetto di città e offrendo un’alternativa di ‘diversa crescita’ ed equo sviluppo, promuovendo e offrendo di fatto una strategia di resilienza a partire dalla consapevolezza della continua e inarrestabile – e per questo vitale e benefica, nel bene e nel male – continua metamorfosi dei luoghi e dei linguaggi.

martedì 7 maggio 2013

Intrecci di laboratori nella Città del Quarto Paesaggio

Il laboratorio 'Il contadino-pastore chiude il ciclo' che si è appena concluso (Vibonati, 3-5 maggio '13) è stato un bellissimo momento di incontro, di conoscenze e di scambio di saperi e di emozioni tra tutti i partecipanti. Alcuni provenienti da città lontane, altri dalle terre vicine, nei tre giorni hanno dato il loro significativo contributo alla riuscita dell'attività. 
Generazioni a confronto, punti di vista diversi, conoscenze differenti si sono incontrate dapprima attorno a tavole di sapori 'a chilometro parco', poi a confrontarsi le sere sui video della Città del Parco e dei lavori in corso sulla Città del Quarto Paesaggio. Insieme abbiamo seguito il processo di lavorazione della lana dall'inizio alla fine del suo processo di trasformazione in filato e infine ci siamo immersi in un'altra trasformazione, quella del latte in formaggio e siero.
La natura, le sue materie prime, sono riconosciute dall'abitante semi-stanziale e dal viaggiatore semi-nomade come opportunità di sviluppo resiliente dall'uomo nuovo che riesce a decodificare il nuovo-perenne potenziale dei luoghi, del Cilento Interiore del Quarto Paesaggio. Tutti insieme, chiamandoci in collaborazione reciproca, intrecciamo materie, mani e idee nella rete della Città del Parco...
In tempi in cui si parla sempre più frequentemente di decrescita, auto-produzione e auto-sostentamento, di consumo critico e di filiera corta, senza immaginarci scenari economici e sociali troppo complessi o di troppo elaborata articolazione, a volte basta guardarsi indietro e attorno e, con la consapevolezza critica del 'senno di poi', rileggere e riprendere in chiave moderna pratiche antiche di sostentamento e di economie rurali semplici ma sostanziali, altamente ecologiche. 
E dunque: il 'contadino-pastore' (semi-nomade e/o semi-stanziale), assunto sia come figura individuale che come icona collettiva e orizzonte esistenziale socio-antropologico di una micro-società rurale, è colui che raggiunge l'obiettivo tanto agognato dai recenti tentativi di filiera corta e di sostenibilità delle economie ecologiche: la chiusura del ciclo impianto-produzione-vendita-consumo-nuova produzione.
Il contadino-pastore chiude il ciclo: coltiva, alleva animali che pascolano terreni consentendo anche colture selettive, producendo letame che serve per gli orti e per i pascoli stessi, producendo carne e latte per i cibi e i formaggi e, nel caso delle pecore, anche la lana che può essere tessuta e la cui lavorazione contribuisce a diversificare ancor più la già articolata, diremmo oggi, filiera corta eco-sostenibile, garantendo la possibilità di vestimenti, cuscini, materassi...
Tutto questo accade avvalendosi e al contempo contribuendo a tutelare e ad arricchire un paesaggio sociale e culturale che dice di una vera e propria ecologia profonda.

giovedì 28 marzo 2013

Dal Forum 'La Terra mi Tiene' ad Atena

Al Forum 2013 che si è tenuto ad Atena Lucana 'La Terra mi Tiene', nella sezione 'turismo esperienziale' abbiamo lanciato la nostra provocazione di un 'turismo senza turismo', ovvero la possibilità di concepire una interazione col territorio da parte dei viaggiatori svincolando tale pratica dall'orizzonte esistenziale del consumo e del consumatore e immaginando un rapporto di valorizzazione reciproca (degli uomini e dei territori visitati) come unica alternativa dignitosa e vincente per un approccio costruttivo e valorizzante dei territori interni lontani dalle zone costiere. Un grazie infine per la bella sinergia che si è creata quel giorno in paese tra tutti noi partecipanti all'incontro!


venerdì 8 marzo 2013

Menti e sementi


Ci incontreremo sabato 23 marzo, di pomeriggio alle ore 15 a Casale Il Sughero (vicino Vibonati, adiac. pineta di S.ta Lucia) per incontrare le nostre idee sui temi della collaborazione di menti e coscienze sul territorio, davanti a una fetta di dolce…

Ci rivolgiamo a chi, a partire dal comprensorio del Golfo di Policastro, ha in mente una idea diversa di crescita e sviluppo e vuole concretamente nel suo piccolo, senza personalismi e in maniera a-gerarchica, infittire e materializzare la rete che va man mano formandosi a partire dal digitale, incarnandola appunto nel reale dei rapporti umani e del presidio quotidiano del territorio (diremo 'digi-reale').

In particolare ci stiamo ritrovando a discutere su:

1) una idea avanzata di gas, inteso come occasione di ridefinizione dei concetti e dei comportamenti dello stare insieme e non solo come una tecnica di acquisto critico, ma una vera e propria occasione di riposizionamento socio-culturale;

2) una idea di interazione tra persone e luoghi secondo una pratica antica come il mondo eppure straordinariamente moderna e rivoluzionaria, quella del baratto, un ‘baratto felice’;

3) il tentativo di proporre anche nel nostro contesto un’altra declinazione dello stare insieme critico e costruttivo e soprattutto solidale, quella della ‘banca del tempo’, altrove così ben avviata e che ben si potrebbe intrecciare al gas e al baratto.

Questi approcci, e quanti altri vorranno e sapranno venir fuori dal nostro incontro spontaneo e informale, ci auguriamo serviranno tutti a ridefinire i ruoli di ‘produttore’ e di ‘consumatore’ alla luce di una micro-socialità di zona (oltre che di una micro-economia) ‘a km 0’, o meglio potremo dire, ‘a km golf-0’.

martedì 26 febbraio 2013

E se qualcuno ci parlasse di agricoltura organica e di ibrido fertile in italiano volgare del sedicesimo secolo?


Ibridazione fertile tra natura e cultura come esito concettuale e ripartenza strategica per un nuovo paesaggio 'agri-cultu-rurale'


Giovanbattista Della Porta

Veniamo da un bel viaggio tra le pagine di un trattato cinquecentesco di Giovanbattista Della Porta che, oltre a darci una lezione di umiltà anzi tempo sui limiti dell’uomo verso la natura come farebbe oggi un vero permacultore, ci svela anche un'agricoltura sinergica ante litteram e mette a tema il concetto antico e moderno di ibrido fertile, concetto che nella sua accezione culturale e socio-antropologica ci interroga su di una possibile contemporaneità rurale.


Fin dalle prime pagine del testo De i miracoli et maravigliosi effetti dalla natura prodotti (Venezia, Ludovico Avanzi, MDLX) la magia è presentata come conoscenza della natura e della naturale amicizia e ‘inimicitia delle cose naturali’. Delle varie magie la magia naturale è ‘consumata cognitione delle cose naturali’ ed è presentata come la disciplina (definita anche ‘perfetta filosofia’) entro la quale trovano spazio pure gli studi di agricoltura.
Nonostante la temperie culturale alchimistico-rinascimentale in cui Della Porta è immerso, già si intravede una sorta di razionalismo (e di là da venire poi illuminismo napoletano) ante-litteram: la ‘marauiglia’ e ‘l’autorità’ che avvolgono in un alone di mistero le cose di cui non si riesce a dare una spiegazione razionale (‘quanto le cause sono ascose’) si dilegua miseramente, rassicura l'autore, nel momento in cui ce le spieghiamo.

La magia naturale è  in accordo con la natura perché ne è semplicemente ‘menistra o serua’. L’uomo quindi, il riferimento è anche a Plotino, in quanto mago che opera nella natura e con la natura, si rivela come ‘ministro, e non artefice’ della realtà, poiché la sua arte (la magia naturale) non crea le cose ma ‘ua applicando le cose insieme’, nello stesso modo in cui la natura produce le essenze vegetali e l’agricoltura è 'disciplina che si adopera a che l’uomo ne tragga massimo beneficio senza andarle contro'.
Nel mondo naturale, tra le cose, le piante e gli animali esistono rapporti di affinità e di repulsione, mossi da reciproca convenienza o meno (‘conuenientia e disconuenientia’). Quel che i greci chiamavano simpatia e antipatia qui son chiamate ‘amicitia e inimicitia’ e si rivelano a noi attraverso il gioco combinatorio delle simpatie naturali.

La prima pagina del trattato
Procedendo nell'appassionante lettura in volgare si entra nel vivo del tema della coltivazione e quindi dell’interazione tra uomo e natura. L’autore tiene molto a ribadire che la natura ‘mostra molte strade’ per intervenire nelle già ‘varie mutationi’ alle quali la natura stessa sottopone le proprie creature vegetali. L’uomo dovrà però ricordare che molte specie sono naturalmente predisposte alla coltivazione (‘uogliano essere coltiuate’) sfuggendo all’inselvatichimento a dispetto di altre che invece ‘non uogliano, anzi l’odiano’ e se sono coltivate a forza addirittura ‘diuentano peggiori’.
Citando Teofrasto l'autore espone i vari tipi di riproduzione vegetale e individua proprio qui, nell’inversione e nella combinazione delle modalità di riproduzione forzata, il ruolo e l’intervento dell’uomo nella domesticazione agricola: egli può operare purché non si sostituisca ad essa, ovvero può operare solo ‘come una seconda Natura’, producendo innesti e facendo esperimenti purché però, si ribadisce, non dimentichi il suo ruolo e i suoi limiti, ovvero sempre appaia ‘uestitosi di quel habito con le ragioni sensate’.

Una scienza naturale agli albori muove i primi passi dalla catalogazione dell’osservazione di tali dinamiche combinatorie, di cui nel testo si ritrovano numerosi esempi relativi sia al mondo animale che a quello vegetale. La loro investigazione genera così un vasto sapere agricolo circa i modi i tempi e le opportunità combinatorie nella coltivazione a scopo alimentare. La concordia tra due o più piante (‘in compagnia ne fa piu gran copia’) non è altro che il beneficio reciproco che esse traggono dalla rispettiva vicinanza o, diremmo in termini moderni e permaculturali, consociazione. Scopriamo e ci troviamo dunque di fronte ad una vera e propria agricoltura sinergica ante-litteram, scienza concreta e astuta alla ricerca del ‘secreto comertio’ fra le piante alimentari. Un ulteriore punto di contatto tra l’agricoltura descritta e la ‘moderna’ orticoltura sinergica emerge in maniera significativa anche nel corso del IV Capitolo del II Libro, ovvero a proposito dell’attenzione al tema del substrato misto con paglia e letame, a cumulo o a buca e alla piantumazione contemporanea di diverse essenze. Altro obiettivo dichiarato, oltre alla maggiore fertilità e al reciproco beneficiarsi delle piante dalla loro vicinanza, il risparmio idrico rispetto alle coltivazioni tradizionali. Nel testo trovano spazio molti esempi consociativi.
Un esempio dei tanti tipi di innesto

Tra le migliori e principali strategie dell’uomo per intervenire nel patrimonio genetico del vegetale alimentare o, con parole sue, ‘nelle sue transmutationi’, la tecnica dell’innesto è quella preferita.
Nel corso del trattato l’innesto appare sempre più come pratica di ibridazione, nella misura i cui la natura ‘per la colligantia di molte e diuerse cose insieme, ne fa uno ristretto indissolubile’. Attraverso gli innesti si generano dei veri e propri ibridi fertili: ibridi poiché ‘saranno di natura partecipevole d’una e dell’altra pianta’ e fertili nella misura in cui, anche se non saranno in grado di riprodursi con successo, danno però vita a frutti ‘marauigliosi’ come, nei numerosi esempi di tecniche e frutti nominati, appare il Melopersico e il Noce Persico, e così via.

La nascita dell’ibrido fertile non appare qui come una forzatura del corso delle cose ma piuttosto come sapiente ‘compositione di tutti li finiti’, ovvero come una piena e felice estrinsecazione delle potenzialità combinatorie e interattive consentite dalla natura e operate dall’uomo: l’ibridazione fa dialogare istanze genetiche affinché esse ‘convengano nel istesso genere, si come duo fiumi, che sorgano dall’istesso fonte’.
Ma ibrido fertile qui è la cifra dell’incontro soprattutto tra l’uomo e la natura, l’uomo che si ibrida col territorio e diventa suo abitante iniziando ad assomigliargli e che al contempo induce all’ibridazione il territorio che, abitato e segnato, si fa paesaggio e spazio vitale.
In altre parole la fertilità sarà principalmente da ravvisare nell’incontro (ibridazione) tra l’uomo e la natura, il cui reciproco rispetto di ruoli e compiti genera sinergia  tra le parti, una sinergia di livello superiore rispetto a quella consociativa tra piante che abbiamo richiamato prima, diremo quindi piuttosto di una sinergia associativa tra gli uomini e il loro mondo, permamente e culturale in quanto altamente morale, proprio – per chiudere con le parole del nostro autore – come una ‘perfetta filosofia’.

mercoledì 16 gennaio 2013

Dall’economia del bisogno ad una nuova economia reale


Come si può pensare ad una economia differente se non ristrutturiamo il nostro sistema dei bisogni?

Patate: facili da coltivare e conservare
Nel post (Cos'è un pomodoro?) abbiamo discusso del valore simbolico del pomodoro come risultato di un gesto di auto-produzione. Coltivare un pomodoro (o auto-produrre qualsiasi bene di prima necessità) ha una valenza oltre che ecologica e nutrizionale anche economica e politica molto forte: significa svincolarsi dal sistema della distribuzione, dai ricarichi dei commercianti, dai ricarichi dei sistemi fiscali, dal consumo di energia per il trasporto, dalla produzione di rifiuti.
Ma, andando ancora oltre, ristrutturare la propria esistenza individuale e collettiva nel segno di una primaria attenzione all’auto-sostentamento – ovvero allargare la propria base di autosufficienza e quindi ridurre progressivamente la dipendenza da una vorace e drogata economia di mercato – significa riassegnarsi una piccola fetta di libertà e di autodeterminazione.
Dall’inizio della crisi economica sono aumentati gli indebitamenti da parte dei cittadini: cessioni del quinto dello stipendio, erogazioni di micro-credito, piccoli prestiti personali, domande (non le concessioni) di mutuo, aperture di credito sui conti correnti.
Questi cittadini, che negli ultimi decenni del secolo scorso sempre più sono diventati consumatori bisognosi di tutto, negli ultimi anni sono diventati (sono stati fatti diventare) bisognosi del denaro per poter consumare, impotenti per non riuscire a fare a meno di consumare. In altri termini, sono diventati addirittura bisognosi del bisogno, un meccanismo perverso compulsivo come quello della fame nervosa che però ti induce a vedersi anoressici di beni di consumo e quindi spinge ancora oltre. Ma fino a dove?