Il nostro progetto Casale
Il Sughero è un laboratorio della Città
del quarto paesaggio. Nasce come riposizionamento esistenziale ed economico
di un nucleo familiare dalla città alla campagna attraverso la riconversione di
un terreno agricolo impoverito e dismesso da quarant’anni ora riqualificato in
nuovo giardino alimentare sia di
spontaneo alimentare che di agricoltura naturale in auto-sostentamento nonché
attraverso la riqualificazione bio-architettonica di un vecchio rudere reso
oggi nuova dimora familiare e luogo di ospitalità rurale, poroso come il
sughero, endemismo del territorio (quercus
suber), atto ad accogliere un profilo di viaggiatore lento e consapevole
che valorizzi il territorio anziché consumarlo secondo una declinazione
turistica che si critica decisamente.
Attraverso
il progetto Ateneo Nomade Triangolare inizia a svolgere, attraverso seminari,
incontri e attività di ricerca e laboratoriali, un lavoro di valorizzazione
della cultura rurale e della memoria locale stimolando l’incontro di nuovi
saperi.
Casale
Il Sughero è inoltre co-fondatore e nodo-stazione operante del progetto di mobilità dolce in Cilento definito
Ciucciopolitana, viaggio lento a piedi a fianco dell’asino all’interno del Cilento Interiore (nella doppia
accezione di Cilento interno e dell’anima), attraverso borghi, vecchie strade
di collegamento, fontane, siti archeologia rurale e siti di grande interesse
naturalistico e artistico. L’asino, emblema della secolare subalternità rurale
rispetto all’ urbano, è invece reinterpretato come simbolo del riscatto sociale
e culturale e inteso non solo come vettore fisico di biodiversità ma anche come
vettore concettuale di ibridazione culturale e, per questo, testimone e
‘professore’ del quarto paesaggio.
Concerto per
una sola persona La
metafora del sughero dice di un luogo per l’incontro, degli incontri, da cui si
può partire per ridare identità e vita ai luoghi-spazi comuni rurali
dimenticati (perché diventati incomuni)
ovvero vie, terre, boschi, fontane, e offrire loro possibilità di resilienza
attraverso continue risemantizzazioni, opportunità di senso.
Questo
doppio livello di incontro, del nomade viaggiatore anonimo con il
temporaneo/stanziale contadino contemporaneo che abita il sughero e di entrambi
ogni volta in maniera nuova col territorio, ripercorre la partitura sempre
uguale e diversa di un sinfonia di scambi e scoperte, invenzioni e riscoperte
dell’abitare: è l’inatteso ed eterno concerto in cui le identità si
destrutturano e si danno in forme nuove.
L’essenziale
è realizzare questo concerto, questa accoglienza, anche per una sola persona per volta, lentamente, immaginando una
ospitalità sfumata, attenta e discreta, a cui suggerire la valenza simbolica
dei luoghi, del luogo di partenza o di arrivo (e di ripartenza). L’ospitalità
diventa narrazione dei luoghi che si fanno porosi e si fanno attraversare in
molte direzioni di senso.
Donarsi
ogni volta d’accapo al singolo, anche solo all’unico viaggiatore, volta per
volta. Casale Il Sughero, come soglia concettuale tra la costa e i monti, tra
il mare e le acque interne, tra i luoghi del consumo e quelli dimenticati, tra
il territorio compromesso e quello del Parco, come luogo di nuova urbanità
possibile: hic domus, rus et urbs.