venerdì 31 maggio 2013

Pianificazione debole per il Cilento, il nostro contributo al 1° 'Ci resto' - Meeting del Mare

Il nostro progetto        Casale Il Sughero è un laboratorio della Città del quarto paesaggio. Nasce come riposizionamento esistenziale ed economico di un nucleo familiare dalla città alla campagna attraverso la riconversione di un terreno agricolo impoverito e dismesso da quarant’anni ora riqualificato in nuovo giardino alimentare sia di spontaneo alimentare che di agricoltura naturale in auto-sostentamento nonché attraverso la riqualificazione bio-architettonica di un vecchio rudere reso oggi nuova dimora familiare e luogo di ospitalità rurale, poroso come il sughero, endemismo del territorio (quercus suber), atto ad accogliere un profilo di viaggiatore lento e consapevole che valorizzi il territorio anziché consumarlo secondo una declinazione turistica che si critica decisamente.
Attraverso il progetto Ateneo Nomade Triangolare inizia a svolgere, attraverso seminari, incontri e attività di ricerca e laboratoriali, un lavoro di valorizzazione della cultura rurale e della memoria locale stimolando l’incontro di nuovi saperi. 
Casale Il Sughero è inoltre co-fondatore e nodo-stazione operante del progetto di mobilità dolce in Cilento definito Ciucciopolitana, viaggio lento a piedi a fianco dell’asino all’interno del Cilento Interiore (nella doppia accezione di Cilento interno e dell’anima), attraverso borghi, vecchie strade di collegamento, fontane, siti archeologia rurale e siti di grande interesse naturalistico e artistico. L’asino, emblema della secolare subalternità rurale rispetto all’ urbano, è invece reinterpretato come simbolo del riscatto sociale e culturale e inteso non solo come vettore fisico di biodiversità ma anche come vettore concettuale di ibridazione culturale e, per questo, testimone e ‘professore’ del quarto paesaggio.


Concerto per una sola persona          La metafora del sughero dice di un luogo per l’incontro, degli incontri, da cui si può partire per ridare identità e vita ai luoghi-spazi comuni rurali dimenticati (perché diventati incomuni) ovvero vie, terre, boschi, fontane, e offrire loro possibilità di resilienza attraverso continue risemantizzazioni, opportunità di senso.
Questo doppio livello di incontro, del nomade viaggiatore anonimo con il temporaneo/stanziale contadino contemporaneo che abita il sughero e di entrambi ogni volta in maniera nuova col territorio, ripercorre la partitura sempre uguale e diversa di un sinfonia di scambi e scoperte, invenzioni e riscoperte dell’abitare: è l’inatteso ed eterno concerto in cui le identità si destrutturano e si danno in forme nuove.
L’essenziale è realizzare questo concerto, questa accoglienza, anche per una sola persona per volta, lentamente, immaginando una ospitalità sfumata, attenta e discreta, a cui suggerire la valenza simbolica dei luoghi, del luogo di partenza o di arrivo (e di ripartenza). L’ospitalità diventa narrazione dei luoghi che si fanno porosi e si fanno attraversare in molte direzioni di senso.
Donarsi ogni volta d’accapo al singolo, anche solo all’unico viaggiatore, volta per volta. Casale Il Sughero, come soglia concettuale tra la costa e i monti, tra il mare e le acque interne, tra i luoghi del consumo e quelli dimenticati, tra il territorio compromesso e quello del Parco, come luogo di nuova urbanità possibile: hic domus, rus et urbs. 

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