Di seguito una nostra breve ma serrata recensione:
Coproduzione dal basso: questo
meccanismo rende evidente, agli occhi di un semiotico, il riposizionamento dei
ruoli classici di ‘autore’ e ‘lettore’. Diciamo meglio. Mette a nudo la
debolezza dell’autore, tutta la sua fragilità, la inconsistenza al giorno
d’oggi del suo potere contrattuale, della sua scarsa autorevolezza presso il
mondo drogato dell’editoria. Ma di quale autore stiamo parlando? Certo non
delle figure autoriali create ad hoc
dall’industria dell’editoria per fare soldi, così come accade nel mondo
dell’arte e in genere nei contesti di attività umanistiche. L’autore ‘vero’,
quello che nudo e crudo ha una idea, una istanza concettuale e artistica da
proporre, spesso è indipendente e di certo non molto assimilabile alle logiche
del consumo e del marketing e per
questo fatica a trovare il suo spazio. Non ce la fa proprio. E’ umiliato,
misconosciuto, denudato della sua autorialità creativa, della sua creatività
autoriale. Ma quando si è autore per se stessi, si scrive per se stessi, non si
è autore, non si pratica il linguaggio, essendo il linguaggio per eccellenza
pratica condivisa. Essendo appunto – il linguaggio – bene comune.
La storia editoriale generativa
di questo libro sui beni comuni sembra allora essere la metafora, la
trasposizione concettuale del suo contenuto: un linguaggio che si riscopre bene
comune, solo in virtù e ad opera della sua auto-ri-scoperta come ‘bene comune’
sa e riesce finalmente a dire di – altri – ‘beni comuni’, quelli cioè le cui
testimonianze riempiono le pagine del testo. Un testo che attraverso la sua
riaffermazione come potenziale-testo testimonia storie di beni comuni. E
viceversa. Un testo che attraverso le sua testimonianze si riscopre testimone
di se stesso e della sua possibilità di esistere ancora sotto altre vesti, di
co-esistere.
Ma questo bene per essere comune
ha bisogno non solo di chi lo enuncia ma anche di chi lo riceve, lo fa suo, lo
legge e lo mette in comune a sua volta con gli altri. In una parola del
‘lettore’. Allora questo ‘autore’ nudo, impotente e depauperato allo stesso
tempo è anche forte ed ha una intuizione: sa come riposizionarsi. Cerca e trova
una via di fuga, in questo senso sa essere resiliente anch’egli: imbocca una
strada stretta (gli editori delle coproduzioni dal basso), la percorre e,
ancora debole, convoca il lettore nella sua figura, gli chiede aiuto, ha
bisogno di essere autore-insieme. Ha bisogno di un lettore che gli dia
coraggio. E il lettore, mosso dalla voglia di avere ancora da leggere, accetta
e dà coraggio all’autore per essere autore, al fine di tornare ad essere egli
stesso lettore di qualcosa che, a suo parere, valga la pena di essere letto.
E così si raggiunge la quadratura
del cerchio: co-pre-finanziamento, il lettore diventa quasi-editore e
quasi-autore e il gioco è fatto. Nascono gioielli di resilienza editoriale e
linguistica come Viaggio nell’Italia dei
beni comuni.
C’è solo un rischio, quello che
l’autore, che pure abbiamo riscoperto essere forte per essersi saputo ripensare
e non invece debole come ci era parso un po’ all’inizio, diventi però anch’egli
non solo co-lettore (il che accade sempre) ma quasi-lettore. Ovvero il rischio
è quello che le due figure (autore e lettore) si inseguano a vicenda e la
produzione di saperi si avviti su se stessa senza generare slittamenti di
senso, senza generare inattesi, senza accrescere saperi e stimolare nuovi
sentire. In altre parole il rischio è che le nuove figure di lettore e di
autore co-producano solo ciò che fa loro piacere leggere (e scrivere) e che
tutta l’attività di produzione di senso diventi tautologica: leggo ciò che mi
piace, co-produco ciò che amerei poter leggere, co-produco (co-scrivo) ciò che
i miei lettori mi commissionano o ciò per cui sono disposti ad essere
quasi-autori attraverso l’essere-quasi-editori.
Però è fondamentale ricordare che
lo scarto indefinibile e inafferrabile tra chi scrive e chi legge, tra autore e
lettore è la scintilla della produzione del sapere, è ciò che mette in moto il
meccanismo della comunicazione e della produzione di senso. E questo scarto è prezioso
e invisibile, diafano ma determinante e deve essere preservato ad ogni costo.
Per questo credo sia un bene la plurivocità degli autori di questo testo, a
garanzia di più autori che possano produrre e preservare quel valore aggiunto
che si annida nell’inaspettato e nell’inatteso di ogni libro, che – ora fuor di
metafora – lo rende degno di essere letto. Ogni buon libro non deve essere
prevedibile ma continuare ad essere l’ “altro” perché solo l’incontro con
l’altro è un incontro vero.
Una recensione "serratamente" interessante ed e-motivante, per tre suggestioni che risalgono rapide al pensiero:
RispondiElimina- un invito "impersonale" ad "augurare Buon Viaggio al libro, di esprimere gratitudine per la sua esistenza, per il fatto che abbia trovato la mano e l'occhio, e forse anche la mente e il cuore, di qualcuno disposto a leggerlo" (prendendo in prestito le parole di James Hillman, dalla prefazione al suo lavoro maturo "La forza del carattere"), che diviene, quindi "a scriverlo\leggerlo", secondo il "filo" acuto della recensione stessa;
- un ricordo di una delle Cosmicomiche calviniane (quale fosse il titolo ?...), in cui il "gioco" di inseguimenti metafisici e astronautici tra due personaggi (che, qui, potrebbero essere l'autore e il lettore ?...), si "perde" in un continuo e contemporaneo vedersi reciprocamente davanti e(p)pure dietro all'"altro", come se essi coincidessero, pur mai coincidendo, in realtà...;
- infine, una suggestione su quel "fondamentale ricordare che lo scarto indefinibile e inafferrabile tra chi scrive e chi legge, tra autore e lettore è la scintilla della produzione del sapere, è ciò che mette in moto il meccanismo della comunicazione e della produzione di senso": è, forse..., in gran parte effigiato in questa "immagine" anche il processo intimo e vitale del dialogo interiore, di emozione e pensiero, di idea e conoscenza ?...
E' un altro "viaggio" nei "Beni comuni", anche questo, in fondo.
Grazie Auto(letto)ri !
eh sì, se in ognuno di noi c'è una parte che ascolta e un'altra che crea, se queste parti poi non si scambiano anch'esse infinite volte...
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