sabato 11 agosto 2012

Sinergie e agricolture permanenti: progettazioni in corso


Seppur ancora all’inizio di un lungo cammino, come abbiamo sostenuto in diverse occasioni e lezioni, e soprattutto sperimentato direttamente sul campo in questi anni, ritengo che esistano vari tipi di sinergia nel campo dell’orto-frutticultura sinergica.
Parlo infatti propriamente di 3 livelli.

Il primo livello di sinergia (delle piante tra loro) è quello caratterizzante un’aiuola sinergica, ovvero della sinergia che si crea tra le piante la cui vicinanza e alternanza reciproca giova ad entrambe, allo stesso tempo causa ed effetto della condizione omeostatica (o quasi, ovvero in assenza di variabili contingenti autoctone che rimettono sempre in discussione il delicato equilibrio biologico creato) del terreno, ovvero della sua auto-fertilità ottenuta con l’ormai celebre metodo di non lavorazione del substrato (anche questo è un caso limite, più una tendenza che uno stato di fatto duraturo ed efficace poiché spesso si rende invece necessario un nuovo scasso del terreno per le variabili ambientali e imprevedibili di cui sopra).
Un secondo livello di sinergia (delle piante con gli animali) lasca intravedere una più ampia concezione di sinergia, ovvero quella che si crea in permacultura all’interno di un sistema abitativo e colturale complesso come può essere una fattoria o un fondo impegnato in maniera diversificata (anche ad esempio con la cerealicoltura). Qui la sinergia è tra l’orto o il frutteto e gli animali che pascolano (ovicaprini, bovini, equini, animali da cortile), il cui impatto tende a ridurre la presenza di infestanti regolando la crescita delle specie e contribuendo, attraverso il letame, alla fertilizzazione del suolo. Inoltre lo sfalcio alimentato da parte del letame non raccolto per l’orto servirà a nutrire gli animali in assenza di pascolo fresco, e quindi a garantire la produzione di letame. In questo secondo livello vediamo come il cerchio della sinergia si allarga anziché avvitarsi su se stesso e la fertilità aumento per il beneficio di tutti gli attori in campo.
Un terzo livello di sinergia (dell’uomo nella comunità agricola) è quello che deriva dall’integrazione del coltivato con lo spontaneo (ricco di biodiversità) e di entrambi con le zone boscose e sotto-frutteto dedicate al pascolo e alla raccolta spontanea stagionale e alle colture autoctone perenni. Il beneficiario di questa armonia, dove il cerchio dopo essersi allargato  si chiude, è l’uomo che vive in sinergia col suo habitat  e a sua volta con i suoi simili che con lui contribuiscono a curare la fattoria o il fondo agricolo. Il target è rifiuti organici zero, riuso di ogni prodotto della zootecnia in agricoltura e viceversa (come nel caso più semplice delle lettiere per gli animali e il fieno spontaneo). Quest’ultimo livello di sinergia comprende gli altri due e si manifesta nell’equilibrio socio-antropologico di una comunità o di un nucleo.


Alla luce di queste considerazioni ritengo che parlare di autoproduzione e autosostentamento relativamente solo alle aiuole sinergiche sia solo effetto di vanità modaiola del momento. Se i guru dell’orticoltura sinergica si rendessero conto che ‘l’orto nel cassetto’ fa tendenza ma non sfama sul serio le famiglie perché le variabili ambientali possono essere tante che minacciano l’equilibrio in un orto in pieno campo o ai margini di un bosco e molte specie orticole hanno bisogno di spazio e serialità per donare quantità significative di ortaggi per fare le conserve per tutto l’anno (ad esempio i pomodori) allora si parlerebbe, di aiuole semi-sinergiche, in contiuo equilibrio dinamico faticosamente perseguito grazie alla presenza costante dell’uomo, anche se prende in mano la vanga più raramente.
Inoltre, se si fosse tutti più seri in questo campo di scoprirebbe che solo un sistema verticale complesso di più livelli di sinergie (comprendenti regno animale e vegetale, e non solo vegetale) rende giustizia di un equilibrio più alto e più stabile che è quello del sistema-fattoria.
L’autosostentamento (anzitutto bisogna ridimensionarlo chiamandolo alimentare e solo in parte – col bosco – energetico) può essere un obiettivo a cui tendere solo in un sistema del genere, che impone un cambiamento di vita, di ritmi, di abitudini e di pensiero affatto radicali. Non è possibile, ad esempio, atteggiarsi a orticoltori decrescenti facendo l’orticello in vacanza oppure andare a svernare nelle comode città o altrove e poi dedicarsi nei mesi ridenti alle pratiche sinergiche. Lì non c’è alcuna sinergia, che invece passa anche per i mesi più bui e nel silenzio delle campagne spopolate.


Il cammino che con la fondazione della fattoria in transizione Casale Il Sughero abbiamo avviato si propone di tendere progressivamente al più alto livello di sinergia passando per i primi due: un progetto di permacultura a lungo termine sul campo che sperimenta esso stesso prima di calarsi dall’alto dei libri stampati.
Con la suddivisione del fondo in zone (abitativa, orticola, animali, frutteto, bosco) si tende a creare sinergia tra settori e attori al fine di rendere il fondo un piccolo esempio di agricoltura permanente (dando risalto allo spontaneo alimentare) autoalimentantesi e parzialmente autosufficiente. Un microcosmo dove la parola auto sostentamento, nonostante le dimensioni ridotte del terreno di partenza, può cominciare a prendere corpo, seppur parzialmente.
Il luogo contemporaneo di Casale Il Sughero, non a caso Laboratorio del Quarto Paesaggio, si tiene ben stretto al suo carattere di temporaneità e per questo è luogo di continue sperimentazioni alla ricerca del suo equilibrio dinamico.
Dopo i primi passi mossi in questa direzione ciò che immediatamente emerge è la consapevolezza della necessità della diversificazione delle produzioni per poter coprire diverse esigenze alimentari familiari ed evitare le monocolture, distorsioni dell’agricoltura industriale. Adottando principi di buon senso e di onestà non è difficile capire come sistemi integrati di autosostentamento in aree rurali abbiano costituito di fatto per secoli (e in alcuni casi resistono ancora alcuni esempi) gran parte della realtà agricola e siano stati veri e propri sistemi economici per comunità resilienti, silenziose e durature, più durature e oneste e sobrie di chi oggi si riempie la bocca di proclami salvifici e di troppo ostentate ‘felicità decrescenti’.

3 commenti:

  1. Cosa può fare un metalmeccanico con pochi soldi?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. molto, perché i soldi servono ma fino a un certo punto, poi inizia il baratto, lo scambio di tempo e di saperi, l'opinione sui social, l'educazione dei figli, la convivialità...valori non monetizzabili.
      nel concreto dell'agricoltura cercare di sostenere piccoli produttori che lavorano sull'auto-sostentamento e sul piccolo sosotentamento critico di chi li conosce e li va a trovare per prendere da loro un po' di cibo pulito, eticamente e chimicamente! poco ma giusto, perché il giusto non è poco ma tanto, talmente tanto che non ha prezzo.

      Elimina