Altrove è stato messo a tema il concetto di ‘turismo’ (cfr. Turismo e 'anti-turismo'):
crediamo che esso non sia tanto un fenomeno da osservare nelle sue dinamiche di
manifestazione nei luoghi turistici ma a partire invece proprio da luoghi apparentemente
lontani, come quelli del quotidiano (città, contesti di provenienza dei turisti)
e nella peggiore delle declinazioni (che sembra però quantitativamente la più
frequentata) appare sempre più come uno sfogo,
un sintomo del malfunzionamento di una società, dell’insoddisfazione e
frustrazione di fondo della società contemporanea. Il piacere della scoperta
del viaggio troppo spesso lascia il posto al desiderio (forse solo al bisogno?)
di congiungersi a un oggetto di valore
le cui fattezze sono spesso state artatamente costruite e indotte dalla società
del consumo. Da qui la differenza tra consumare (anche un territorio) ed
esperire un luogo.
I contrasti tra il moderno e l’arcaico, tra il metropolitano
e il rurale che spesso il turismo mette in atto non possono inscriversi in un presunto
imbastardimento di un luogo ‘naturale’ e ‘intatto’ (Dio solo sa la purezza e la
naturalezza dove stanno di casa, cosa mai esse siano e quale posto occupino
semmai piuttosto solo nel nostro immaginario fantastico), come ad esempio dalla
presenza di un oggetto di consumo globalizzato o globalizzante ‘immesso’ in un
contesto assunto come ‘naturale’, anzi siffatte temporanee commistioni e
tessiture lanciano la sfida della contemporaneizzazione
dei luoghi sublimi rurali e stimolano la semiosi,
la continua interpretazione del reale e dei flussi (di persone e di pratiche) di/in
un territorio.
E per questo ben vengano, poiché un atteggiamento altrettanto
dannoso per il Quarto Paesaggio e per le ‘città invisibili’ della nuova
urbanità rurale crediamo sia la musealizzazione
al pari della disneyland-izzazione
dei luoghi (cfr. Resti che ritornano testi), pratiche interpretative eccedenti il proprium di un territorio rurale, evidenti pratiche semiotiche di pari forza ma di segno opposto che lavorano su
percorsi di senso dagli esiti molto
differenti tra loro ma entrambe fortemente decontestualizzanti.
Pur vero è che rendere un territorio ex-rurale di nuovo
rurale, vivo e con le stesse modalità di prima è assurdo, sarebbe anch’essa una
musealizzazione, le metamorfosi dei luoghi sono continue e devono continuare ad
esserlo, la loro temporaneità è di
fatto anche contemporaneità. Per questo riteniamo che la pratica della
ospitalità (quella cioè della condivisione, dello scambio, del viaggio, del
ricambio) unita alla pratica della ruralità (vocazione storicamente definita di
alcuni territori come il Cilento) possano mostrarsi come tentativi di
re-interpretazione di un territorio (cfr. Ospitalità Rurale in Cilento).
Pratica della ospitalità rurale come testimonianza e
tentativo di resilienza di sistemi
complessi antropo-geografici in continuo mutamento e riposizionamento,
microcosmi che si fondano e fondano la loro stessa possibilità di esistenza su
di un Common Ground, un terreno
comune che appare spazio fortemente semiotizzato
da un intreccio complesso di pratiche
interpretative e da una tessitura, spesso casuale e apparentemente
sconnessa ma sempre motivata, di percorsi
narrativi di senso di singoli e di
microcomunità che contribuiscono a ‘ispessire’ la semiosfera in cui sempre siamo immersi.
Quindi positivo andate in relax nel cilento....questo in parole da metalmeccanico......
RispondiEliminaScusate, che significa "esperire un luogo"?
RispondiEliminaCerto: significa fare esperienza cocncreta e piena di un luogo, viverlo a fondo con tutti i sensi modo da farsene una idea chiara e precisa a partire dalla propria esperienza personale, grazie per l'attenzione!
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